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Brescia, 24 aprile 2024 – Si è tenuto lunedì 22 aprile 2024, presso la sala Benaco dell’hotel Master a Brescia, il quarto ed ultimo incontro programmato per la stagione sportiva corrente nell’ambito del Progetto di Informazione attuato dal Brescia Calcio Femminile in quanto Scuola Calcio Élite, dal titolo “Dal campo alla panchina: un viaggio personale nel mondo del calcio” con relatrice Rita Guarino, ex calciatrice e attuale allenatrice dell’Inter Femminile.

Rita Guarino, ex calciatrice plurititolata (5 scudetti, 6 Coppe Italia e 2 Supercoppe italiane, nonché 99 presenze in Azzurro e 38 reti in 2 Mondiali e 3 Europei) nonché allenatrice plurititolata (4 scudetti, 1 Coppa Italia e 2 Supercoppe italiane), è l’unica donna a guidare una squadra di Serie A. Dal 2021, infatti, è mister dell’Inter Femminile.

L’evento di lunedì 22 aprile verteva sul racconto dei suoi 40 anni di carriera nel mondo del calcio, da giocatrice prima e da allenatrice ora. «È difficile condensare tutti questi anni in un racconto di una sera» ha esordito l’allenatrice torinese aprendo l’incontro. «Dopo essermi chiesta da dove partire, ho deciso di raccontare le tappe più importanti della mia esperienza attraverso 10 parole chiave».

STEREOTIPI
È la prima delle 10 parole che Guarino ha elencato durante la serata, spiegando che alcuni degli stereotipi in cui si è imbattuta all’inizio della sua carriera, forse, sono in auge ancora oggi.

DIVERTIMENTO
«Lo sport che si addiceva a una ragazza, quando ero giovane, non era il calcio, ma il pattinaggio artistico. Così, la mia famiglia scelse per me il pattinaggio ma io mi divertivo solo giocando a calcio nel cortile di casa, tirando il pallone contro i garage ed emulando le gesta dei Campioni dell’82».

BARRIERE
Il desiderio della giovanissima Guarino è quello di abbandonare i pattini a rotelle e giocare a calcio fuori da quel cortile. Quasi per caso scopre l’esistenza di una squadra femminile, la FCF Juventus, che si allena vicino a casa sua. «La prima barriera con cui mi sono scontrata erano i miei genitori: come convincerli a farmi giocare a calcio? Una sera, mio papà mi accompagna a vedere un allenamento dell’FCF Juventus e chiede loro se posso fare un provino. Contro le sue aspettative, vengo presa subito e inizio a giocare in una squadra». Nel giro di pochi anni, l’attuale mister nerazzurra inizia la sua avventura nel mondo del calcio, quello fuori dal cortile di casa, quello di serie B e di serie A, quello di Carolina Morace e quello della Nazionale nel primo campionato del Mondo.

CONSAPEVOLEZZA
La chiamata per il primo Mondiale è arrivata a casa Guarino quando Rita aveva terminato gli studi superiori e iniziato a lavorare, mentre, ovviamente, continuava a giocare a calcio: «Lavoro o Mondiale? Ho seguito il mio istinto e la mia passione e ho iniziato il mio viaggio. Durante il Mondiale ho raggiunto la consapevolezza di ciò che volevo fare e ho imparato l’umiltà trascorrendo in panchina quasi tutta la durata del torneo. Ma, quando mi è stata data la possibilità di giocare, mi sono fatta trovare pronta. Ho segnato davanti a circa 35/40mila spettatori e quell’emozione mi ha reso consapevole che quello che stavo facendo era realtà».

CAMBIAMENTO
Talvolta, per migliorarsi, è necessario mettersi in gioco e Guarino, tornata dal Mondiale sicura di ciò che voleva, decise di cambiare squadra: «Mi era giunta voce che il presidente della Reggiana (all’epoca la squadra più forte) fosse interessato a me, ma non mi arrivò mai la sua chiamata. Così, a un certo punto, nonostante fossi una ragazza timida, lo chiamai io da una cabina telefonica e, due giorni dopo, firmammo per il trasferimento. A volte bisogna andare a prendersi le cose, mettendosi in gioco e superando i propri limiti».

ANTICIPO
“Giocare d’anticipo” per la tecnica torinese, è stato fondamentale: parallelamente alla carriera calcistica, ha conseguito la laurea in Psicologia presso l’Università di Torino, specializzandosi in Psicologia dello Sport, e ha ottenuto il patentino da allenatrice. Tutto ciò le ha permesso di crearsi delle opportunità prima che queste si creassero da sole, perseguendo molteplici piani d’azione. «Il mio suggerimento per tutti è quello di studiare. La priorità è il parallelismo, studiare non esclude lo sport e viceversa».

RESILIENZA
La prima opportunità che le si è presentata è stata quella di far parte dello staff tecnico federale della Nazionale Under 17, con il quale ha lavorato duramente per 7 anni nelle vesti di viceallenatrice raggiungendo due bronzi storici: uno all’Europeo U17 e l’altro al Mondiale U17. La sua, tuttavia, era una posizione che passava inosservata: «In questi momenti bisogna avere la capacità di resistere e perseverare, senza mollare, anche quando la tua vita sembra scorrere nell’oblio più completo e nella scarsa considerazione». E infatti, grazie anche alla sua caparbietà, di lì a breve arriva la svolta: nel 2015 la panchina dell’Under17 Nazionale viene affidata a lei, nel calcio diventa obbligatorio per le società professionistiche creare Under12 femminili e, nel 2017, gestisce e progetta da zero la prima squadra della Juventus.

IMPEGNO
«L’impegno è totale, non comprende solo il lato sportivo, ma è quello di essere in sinergia completa con un movimento che cresce. Il nostro è un impegno sociale perché non giochiamo soltanto a calcio, noi stiamo facendo una rivoluzione culturale e dobbiamo crescere insieme per abbattere le barriere e rendere questo sport ancora più visibile. Quando allenavo la Juventus, abbiamo giocato una partita contro la Fiorentina all’Allianz Stadium davanti a 39mila persone e lì ho capito che possiamo davvero permetterci di sognare».

SFIDA
Juventus – Fiorentina all’Allianz Stadium è stata, forse, un’eccezione ma per renderla normalità, tutto il movimento, dai vertici alla base passando per le giocatrici, si trova ad affrontare sfide diverse ogni giorno per migliorarlo e farlo crescere.

SOGNO
«Quando io ho iniziato a giocare, non potevo sognare. All’epoca io potevo immaginare un mondo in cui tutto ciò fosse possibile, ma era un pensiero. Il sogno è qualcosa che abbiamo visto, che riportiamo dentro di noi e cerchiamo di afferrarlo perché vogliamo renderlo possibile. Certo, per vederlo realizzato c’è bisogno di impegno, competenza, formazione ma è qualcosa che ci si può andare a prendere e questo è quello che oggi regaliamo alle bambine».

L’evento, stimolante ed emozionante, si è concluso con uno scambio di opinioni tra tecnici e non, riguardo al futuro del calcio femminile e alle opportunità per le bambine e ragazze di oggi che, con le parole di Rita Guarino, «possono raggiungere i loro obiettivi, restando in equilibrio e puntando verso la meta, senza mai guardare troppo avanti e nemmeno troppo indietro».